PROGETTO INTERCULTURA


MACEDONIA DI FIABE


LA SORGENTE DELLA FELICITA’



Poco tempo fa in una cittadina non molto lontana da qui, la mamma di due gemelli, Hansel e Gretel, era molto preoccupata …

I suoi bambini, infatti, avevano conosciuto un’anziana donna che si era rivelata invidiosa della loro giovinezza e della loro gioia di vivere e che conosceva le arti magiche: era la Baba Yaga.


Nell’abitazione della donna era spesso ospite il Condor, animale forte e possente suo consigliere e suo mezzo di trasporto preferito.
La mamma di Hansel e Gretel voleva che i figli non andassero più a trovare la strega, perché ne aveva paura e continuava ad ammonirli: “Vi proibisco di avvicinarvi a quella casa e a quella donna!”.


I bambini però erano molto attratti dalla donna, perché possedeva una bellissima casa e si muoveva volando sul suo fiero condor, quindi le si avvicinavano spesso, disobbedendo alla mamma: “Ehi, Baba Yaga, ci fai fare un giro sul tuo Condor? Ehi Baba Yaga, ci fai entrare in giardino? Ehi, Baba Yaga…”
Un bel giorno Baba Yaga li trattenne in casa offrendo loro una deliziosa cioccolata calda e una torta appena sfornata.
Poi impedì loro di andarsene! Essendo lei ormai vecchia e stanca, la strega voleva che Hansel e Gretel trovassero al posto suo un ricco tesoro: l’acqua della sorgente della felicità e della giovinezza. Solo dopo - era il suo piano - li avrebbe lasciati tornare a casa loro.












I bambini, disperati, non sapevano come risolvere il problema, allora inviarono un sms al Gatto con gli stivali.
 Lui avviò una ricerca in Internet utilizzando cat-google e cerca che ti ricerca, cerca che ti ricerca scoprì che la sorgente della felicità e della giovinezza si trovava su una cima elevatissima delle Ande: l’Aconcagua!

Ma come fare a trovarla in quegli spazi immensi?

Il Gatto con gli stivali chiese l’aiuto niente meno che del Condor che, all’idea di rivedere le sue amate montagne, si emozionò, si commosse e decise di accompagnarvi il Gatto per raccogliere un po’ di acqua dalla sorgente.
prima di partire, il Condor aveva fatto uscire nottetempo i bambini dalla casa della Baba Yaga ed aveva trovato loro un nascondiglio sicuro in una vicina grotta. “Non posso farvi tornare a casa - disse loro – è troppo pericoloso: vi ritroverebbe in un batter d’occhio!”.

Quando la Baba Yaga scoprì che i bambini ed il Condor erano spariti, andò su tutte le furie: ”Disgraziati che non sono altro, e disgraziata anch’io!”. Cominciò a distruggere la vegetazione e gli alberi intorno a sé, lanciando magie a destra e a manca, arrabbiatisima anche con se stessa per non aver sorvegliato bene i bambini, badando che si dedicassero davvero alle ricerche della fonte. 

Intanto il Gatto ed il Condor avevano scovato tra le nevi ed i ghiacci delle Ande la mitica sorgente della felicità e della giovinezza: limpida, luminosa, cristallina, trasparente.

Ne avevano raccolta un po’ in un’ampolla e già stavano tornando a casa di gran carriera: “Ora finalmente potremo liberare i bambini!”.
Quando si trovarono davanti alla Baba Yaga dovettero però affrontare la sua ira: lanciava a raffica colpi stregati , ma il Gatto si difendeva con il suo scudo antisommossa e si muoveva velocissimo con i suoi magici stivali. Il Condor, a sua volta, con le sue ali possenti, cercava di fermare la strega, voleva spiegarle che avevano trovato la sorgente e ne avevano riportato dell’acqua, ma lei non voleva proprio saperne di ascoltarlo, finchè non venne immobilizzata da un colpo d’ala segreto del Condor.







Nella confusione dello scontro, l’ampolla cadde a terra, si frantumò e l’acqua della magica sorgente si sparse tutt’intorno sul terreno che d’incanto ritornò ricco e verdeggiante, coperto di cespugli rigogliosi e di alberi, mentre la Baba Yaga restava con un palmo di naso!

Con tutta la sua prepotenza, dunque, la vecchia strega non aveva ottenuto ciò che desiderava, ma anzi venne processata e condannata a curare per sempre i giardini della cittadina, lavoro che richiedeva grande impegno e molta fatica, poiché non le era concesso di usare le sue arti magiche.

Dopo aver scontato per qualche mese questa pena, la Baba Yaga cominciò a fare amicizia con adulti e piccini: raccontava la sua storia ed affermava serena di aver raggiunto finalmente la felicità senza l’aiuto dell’acqua della sorgente, infatti aveva trovato degli amici!







I bambini intanto erano tornati all’affetto della mamma nella loro casa calda e confortevole; il Gatto era stato premiato con una medaglia ed un encomio pubblico.
Quanto al Condor, questo se ne era tornato felice e libero sulle sue adorate montagne.

(fatto dalla classe 1°C)

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UN LUNGO VIAGGIO





Qualche tempo fa, viveva in una piccola tribù africana, dove il sole batteva ad ogni ora del giorno e il terreno era tanto arido, un ragazzo di nome Ketinga.
Ketinga era il figlio del capo del villaggio; era un ragazzo generoso, bello, intelligente e astuto. Egli si occupava del bestiame e cacciava. Nel tempo libero Ketinga partecipava alle feste del villaggio ma soprattutto gli piaceva suonare il bongo.
Egli era felice, però gli mancava suo fratello Kotumbo che era partito per l’Europa e non aveva più sue notizie da tempo.
Sapendo, dall’ultima lettera ricevuta, che Kotumbo si trovava in Italia, precisamente in Sicilia, suo padre gli ordinò di andarlo a cercare così Ketinga prese le sue cose e partì.
Ketinga si avviò e percorse la savana, il deserto e infine, giunto al mare si imbarcò per la Sicilia con altri immigrati.


In Sicilia incominciò a cercare suo fratello facendo vedere a tutti la sua fotografia finché incontrò un vecchio e saggio pescatore che era diventato amico di suo fratello e che gli disse che Kotumbo era andato a Milano e gli diede l’indirizzo di dove abitava.
Inoltre il pescatore diede a Ketinga un cellulare speciale e disse: “ Questo è un cellulare magico e se digiterai il codice 246200, un tuo desiderio sarà realizzato. Ma fai attenzione, non sprecarlo!”.
Ketinga lo ringraziò e partì per Milano con un treno.


Giunto a Milano, cercò la via indicatagli dal pescatore, ma in una piazza isolata lì vicino, venne aggredito da alcune persone razziste che non volevano che lui stesse in Italia.
Terrorizzato, Ketinga utilizzò il cellulare per salvarsi dal pericolo. Così gli aggressori rimasero paralizzati e ketinga riuscì a fuggire.
Ketinga si allontanò dalla piazza e trovò la via indicatagli dal pescatore.
Suo fratello però, non abitava più lì ma conobbe una vecchietta che aveva ospitato Kotumbo a casa sua. Gli disse che suo fratello era andato a Londra e le sembrava che fosse impaurito. Gli diede un dono magico: un medaglione speciale dicendogli: “Questo è un medaglione magico, se lo sfregherai un tuo desiderio sarà realizzato. Ma fai attenzione, non sprecarlo!” Ketinga allora, la ringraziò e partì per l’Inghilterra.


Ketinga, a Londra, cercò Kotumbo per giorni e per guadagnare qualche soldo, si mise a suonare il bongo nelle piazze londinesi.

Un giorno però, mentre Ketinga era distratto, alcuni ladruncoli gli rubarono il bongo.

Il ragazzo era disperato perché era legato a quello strumento che apparteneva alla sua famiglia da diverse generazioni. Allora prese il medaglione e lo sfregò esprimendo il desiderio che i ladri diventassero buoni e gli restituissero il bongo.

Così avvenne; infatti, i ladri si mostrarono gentili e gli restituirono lo strumento.

Dopo questa brutta avventura, Ketinga cercò un’altra piazza. Raggiunse un luogo, dove si esibivano dei saltimbanchi e un mangiafuoco gli disse che aveva conosciuto suo fratello e che sapeva che era fuggito in Russia perché era inseguito da un uomo losco che voleva rubargli una pietra magica che Kotumbo aveva trovato per caso.

Il mangiafuoco diede al ragazzo un altro dono magico: una scatolina che conteneva del the speciale dicendogli: “ Questo è un the magico, se aprirai la scatola un tuo desiderio sarà realizzato. Ma fai attenzione, non sprecarlo!” . Così Ketinga partì per la Russia.

Dopo un lungo viaggio, giunse a Mosca. Faceva molto freddo e fu costretto ad indossare vestiti pesanti. Mentre girovagava per le vie della città, incontrò una giovane ragazza infreddolita, così ketinga le regalò la sua sciarpa. La ragazza, che in realtà era una giovane babajaga buona e che conosceva già tutta la storia di ketinga, lo ricompensò informandolo che Kotumbo era stato rapito e rinchiuso in una prigione sotterranea del Cremlino.

Lo accompagnò fino alla piazza e gli augurò “buona fortuna”.

Ketinga riuscì ad arrivare fino alla cella, dove si trovava suo fratello e per liberarlo utilizzò il dono magico: aprì la scatolina e il profumo del the fece addormentare le guardie. I due fratelli finalmente si abbracciarono e Kotumbo gli raccontò che un uomo misterioso voleva impossessarsi della pietra magica che lui aveva trovato per caso. Prima di essere rapito, era riuscito a nasconderla. La pietra però aveva un potere negativo cioè chi la possedeva dominava il mondo e tutta l’umanità non sarebbe stata più libera.

Kotumbo l’aveva seppellita così i due fratelli andarono a riprenderla per distruggerla ma l’uomo misterioso li seguì di nascosto. Quando i due ragazzi recuperarono la pietra, l’uomo tentò di prenderla ma i ragazzi se ne accorsero e la gettarono in un profondo pozzo lì vicino.

L’uomo losco era disperato; nel frattempo i due fratelli chiamarono la polizia che lo arrestarono velocemente perché era ricercato da tempo.


Finalmente i due ragazzi poterono riposarsi dopo questa avventura.

Insieme suonavano nelle piazze della città finché un giorno si fermò ad ascoltare la loro dolce melodia, una bellissima ragazza discendente dello zar e della zarina di Russia.


Fra ketinga e la giovane fanciulla fu amore a prima vista così si sposarono e vissero per sempre felici e contenti.

(fatto dalla 1°D)




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